Questa mattina mi sono svegliato in preda alla fibrillazione sapendo che, nel giro di poche ore, avrei finalmente avuto l’occasione di intervistare il famoso Don Lucho, che qui dove mi trovo e’ considerato un’istituzione. Quando tutti fuggivano a causa della ventata di terrore portata nella regione, quella di Ayacucho, dal gruppo terroristico Sendero Luminoso, lui fu’ uno dei pochi a rimanervi con la famiglia di 9 bambini piccoli al suo fianco.
Mi ero preparato alcune domande che spaziavano dalla sua vita personale al terrorismo degli anni novanta, uno degli argomenti che in questo territorio da sempre si e’ cercato di nascondere, per il dolore che ancora oggi provoca ricordare quella ferita che non si e’ mai ricucita.
Una domanda a questo punto potrebbe sorgere spontanea: “Che cosa e’ Sendero Luminoso e perche’ e’ stato cosi’ tanto violento e sanguinoso da aver fatto fuggire centinaia di migliaia di persone?”
Sendero Luminoso nasce come un gruppo terroristico di ideologia marxista/leninista/maoista che mirava, attraverso una violenta lotta armata, a prendere potere e distruggere lo stato borghese. L’obbiettivo dietro a tanta violenza era quello di riscattare e rivendicare tutte le ingiustizie di carattere sociale e economico che erano state inflitte a queste terre a partire dalla conquista spagnola e poi amplificate a partire dai primi anni del novecento dove quasi tutto l’interesse e l’aiuto dello stato era rivolto alla regione di Lima.
Il gruppo era stato fondato a partire dal 1980 nell’ universita’ San Cristobal di Huamanga, nella provincia di Ayacucho, da Abimael Guzman un docente di filosofia. In pochi anni Sendero si amplio’ a vista d’occhio iniziando a reclutare persone appartenenti a ceti sociali piu’ bassi, millantando futuri successi e promesse a cui difficilmente si poteva credere.
Tutto ebbe inizio quando nel maggio del 1980, poco prima delle elezioni democratiche che si sarebbero svolte a seguito del regime militare durato dieci anni, nel piccolo paese andino di Chuschi il seggio elettorale venne preso d’assalto e bruciato dai terroristi. Da li’ in poi gli attacchi cominciarono a duplicarsi di giorno in giorno tanto da impensierire il governo che fino ad allora aveva sottovalutato la forza durto del movimento. Le violenze aumentarono esponenzialmente in corrispondenza dell’inefficacia delle manovre di contenimento del governo, che a partire dal 1985, aveva dato liberta’ di azione all’esercito. I militari, non appena raggiungevano i paesi, iniziavano le epurazioni uccidendo indistintamente terroristi e innocenti con veloci processi sommari, a seguito dei quali i corpi venivano gettati in fosse comuni.
I civili iniziarono a trovarsi tra due fuochi contrapposti, i terroristi e i militari, senza via di fuga.
I dati che ci rimangono da questo ventennio di violenza e sangue sono 69000 i morti accertati, 25000 desaparecidos (coloro che non hanno piu’ fatto ritorno nelle loro case e i cui corpi non sono ancora stati scoperti) e centinaia di migliaia le persone che hanno lasciato casa per fuggire verso la capitale.
Lima, la capitale del Peru’, in questi anni e’ cresciuta in parallelo all’aumento della violenza. Nel 1930 contava poco piu’ di trecento mila persone e oggi conta quasi undici milioni di abitanti. Queste persone, prevalentemente contadini provenienti dalle regioni andine, andarono a costituire quella che oggi e’ chiamata Pueblo Jovenes ,la grande favelas di Lima, priva di elettricita’ e acqua corrente e dove oggi vivono indisturbate milioni di persone.Oggi, nonostante la cattura dei massimi esponenti di Sendero Luminoso, il movimento continua ad operare nella selva dove svolge il compito di protezione nei confronti dei narcotrafficanti.
Dopo aver aiutato la cuoca della mensa, Berta, a preparare il pranzo per gli anziani del paese e per i ragazzi della scuola secondaria, prendo carta e penna e mi siedo di fianco a Don Lucho e inizio a porgli delle domande:
“Parlami un po di te: Come ti chiami? Quanti anni hai? Hai dei figli?”
Mi chiamo Luis detto Lucho e ho 80 anni. Io e mia moglie abbiamo 9 figli.
“Quando eri un ragazzo hai studiato o hai inziato a lavorare?”
Ho terminato la scuola primaria qui, a Pampacangallo, e poi sono andato a Humanga (capoluogo della regione di Ayacucho) dove ho iniziato a lavorare nel settore delle costruzioni.
“Che lavori hai fatto negli anni successivi?”
A 20 anni sono entrato nell’esercito peruviano e dopo essermi sposato, all’eta’ di 30 anni, mi sono spostato a Lima dove ho raggiunto la mia famiglia.
“Dove hai vissuto durante gli anni del terrorismo?”
Nel 1977 sono tornato a Pampacangallo, mia citta’ natale, con mia moglie e i miei figli. Qui vi sono rimasto dal momento dello scoppio del conflitto fino ad oggi.
“Perche’ non sei scappato verso un luogo sicuro come aveva fatto quasi la totalita’ delle persone? Non ti sentivi in pericolo con 9 bambini piccoli a tuo carico?”
Non avevo molte alternative perche’ qui’ (ndr a Pampacangallo) tenevo una casa e degli animali, la mia unica fonte di reddito. Per me sarebbe stato impensabile fuggire verso la costa con nove bambini piccoli a mio carico e senza denaro e senza poterli assicurare cibo e un’educazione. Vivir o Morir.
“Come avete fatto a sopravvivere tutto questo tempo?”
Il momento peggiore era la notte, quando, complice la oscurita’, i terroristi uscivano allo scoperto e prendevano d’assalto i paesi. Quando calava l’oscurita’ insieme a mia moglie e i miei figli fuggivamo verso le montagne vicine dove ci dividevamo in gruppo, cosi’ in caso di imboscata non saremmo morti tutti, in modo da passare la notte. Il giorno dopo tutto tornava a una calma apparente e tornavamo nella casa dove, dopo aver preparato la colazione ai miei figli, iniziavo a lavorare nel campo.
“Ti e’ rimasta impressa qualche immagine o scena di quegli anni di terrore?”
Un giorno avevano ammazzato nel paese un signore perche’ sospettato, senza vere e proprie prove, di essere un terrorista. Subito dopo il suo corpo e’ stato gettato in una fossa che e’ stata velocemente e malamente ricoperta di terra. I cani, sentendo l’odore, si sono avvicinati e dopo aver scavato un po hanno trovato il corpo. Mi ricordo la scena di un cane che correva tra le vie del paese con il braccio dell’uomo nella bocca che aveva staccato poco prima dal corpo.
Mi ricordo i corpi che venivano sollevati e gettati di peso nelle fosse che venivano scavate poco prima dai militari.
“La situazione quando e’ iniziata a cambiare?”
Il clima e’ iniziato gradualmente a cambiare dopo che il presidente Alberto Fujimori decise di inviare armamenti ai civili. In questo modo, noi ci eravamo organizzati in gruppi che avevano il compito, ogni notte, di fare dei giri nel paese per preservare la sicurezza. Sicuramente ha aiutato il fatto che durante il conflitto era stata costruita vicino al paese una base militare che consenti’ certamente una maggiore sicurezza ma non una diminuzione delle violenze. Molti giovani sospettati di tradimento venivano portati nella base e da li’ non vi facevano piu’ ritorno.
“Adesso e’ tornato tutto alla normalita’?”
Mi sembra di sentire ancora oggi il rumore dei passi dei terroristi che entravano nel paese o il tonfo dei cadaveri che venivano gettati nelle fosse. Fortunatamente i miei bambini non si ricordano di questo periodo di violenze perche’ erano tutti piccoli (il piu’grande aveva 10 anni).
Purtroppo, nonostante il conflitto sia terminato da ormai molti anni nel paese non si respira piu’ il clima di tranquillita’ e fraternita’ che prima lo contraddistingueva. Anche se tutto possa sembrare calmo e le persone non lo diano a vedere, non ci si aiuta piu’ come prima perche’ ci sono persone che , durante quel sanguinoso periodo, hanno fatto dei torti ad altre famiglie (Hanno ammazzato delle persone o messo in atto violenze).
“Ti ha segnato questo conflitto?”
L’intervista e’ stata di difficile realizzazione perche’ Don Lucho in questi anni ha cercato di dimenticare queste atrocita’ e perche’ molte volte cercava di non rispondere alle domande non parlando quasi mai in prima persona e non dicendomi veramente cosa lui avesse fatto in quegli anni e per chi avesse parteggiato durante questa sanguinosa guerra.
Don Lucho ora vive felicemente a Pampacangallo sommerso dall’affetto dei suoi nove figli e quasi cinquanta nipoti.
Pampacangallo, 19 settembre 2019

Bravo Alessandro! Bella testimonianza!
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Grazie per queste testimonianze …
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