Uno dei temi all’ordine del giorno sulle notizie internazionali, a seguito dell’applicazione del presidente americano Donal Trump del Mexican asylum ban e della volonta’ di contruire un muro tra Messico e Stati Uniti , e’ la questione dell’immigrazione incontrollata dei messicani verso il territorio Statunitense. L’undici per cento della popolazione nativa messicana vive all’estero, facendo diventare il Messico il paese con piu’ emigranti al mondo. Di questo undici per cento quasi la totalita’ (il 98% del totale, 12 milioni di persone) vive negli Stati Uniti. La maggior parte delle persone fugge dal paese per cercare migliori condizioni di vita e per scappare dai conflitti tra bande di narcotrafficanti per il controllo delle regioni.

BREVE STORIA DELL’IMMIGRAZIONE MESSICANA NEGLI STATI UNITI:

A seguito della fine della guerra tra Messico e Stati Uniti (1840), conclusasi con il trattato di Guadalupe Hidalgo, circa trecento mila messicani si trovarono a lavorare negli Stati Uniti. Tra la fine del diciannovesimo secolo e l’inizio del ventesimo, l’immigrazione messicana non fu soggetta a nessuna restrizione e, percio’, i messicani erano liberi di attraversare il confine per lavorare nelle industrie americane o nel settore agricolo. Nei primi anni del ‘900 in seguito all’accentuarsi della crisi politica e sociale, causata dalla Rivoluzione Messicana, sempre piu’ gente si vide costretta ad attraversare il confine in cerca di condizioni di vita migliori. La grande depressione del 1929 portó  a una repentina fine di tutte le concessione fatte dal governo americano nei confronti dei cittadini messicani. Il rallentamento dell’economia mondiale e la ricerca sempre maggiore di posti di lavoro negli Stati uniti, portarono alla nascita nel paese di un sentimento anti-immigratorio.

Con l’inizio della seconda guerra mondiale, gli Stati Uniti dovettero affrontare  una crisi della mano d’opera. Decisero percio’ di istituire il “Bracero program”, un programma lavorativo che consentiva a milioni di messicani (i Braceros) di lavorare negli Stati Uniti nel settore delle costruzioni e in quello agricolo. I lavoratori avrebbero cosí  ricevuto uno stipendio minimo di trenta centesimi l’ora. Per non incentivare l’immigrazione di massa verso il paese, i lavoratori furono costretti a lasciare in Messico le loro famiglie e solamente dopo essere tornati nel loro paese avrebbe ottenuto il 10% del loro stipendio, precedentemente sottrattogli.

Con la fine della guerra e con il ritorno in patria dei soldati, ricomincio’ un periodo di odio e di razzismo nei confronti dei messicani, accusati di rubare il lavoro agli onesti cittadini e di aver portato la delinquenza nel paese. Questo clima di odio e razzismo è, con alti e bassi, giunto fino ai nostri giorni.

TESTIMONIANZA:

Questa settimana parliamo con Rosa, una signora che ci raccontera’ di come la sua famiglia sia riuscita a coronare il suo sogno di una vita migliore attraversando il famigerato confine fra i due paesi (Messico-Stati Uniti) illegalmente. Ci raccontera’ di come abbia deciso di prendere  una decisione che gli ha cambiato la vita, quella di aiutare il prossimo.

“Come ti chiami?”

Mi chiamo Rosa De Lima Perez.

“Dove e quando sei nata?”
Sono nata in Messico nella citta’ Patzcuaro (provincia di Michoacan) e nella comunita’ montana Purhepecha.

“Parlaci un po’ del tuo paese d’origine?”

Certo. Il  Messico e’ il tredicesimo stato al mondo per estensione. Conta come 126 milioni di persone distribuite nelle 34 province.

Al giorno d’oggi questo stato si trova ad affrontare una delle crisi sociali ed economiche piu’ forti della sua storia a causa della rinascita dei cartelli della droga. Queste organizzazioni hanno il compito di seminare terrore nel paese in modo tale da controllare interi territori e da auto finanziarsi attraverso il commercio della droga e il  denaro (le quote) richiesto ai commercianti in cambio di protezione.

“Si sente molto il clima di violenza nel paese?”

Purtroppo , con il passare degli anni sta crescendo il clima di incertezza e timore. Tutti i giorni e a tutte le ore del giorno ci possono essere scontri armati tra bande. Sta prendendo sempre piu’ piede la pratica del sequestro ai fini di estorsione. Dopo che la persona viene sequestrata, viene chiesto alla sua famiglia un compenso in denaro per la sua liberazione.

Nel 2014 il mio paese venne circondato e successivamente conquistato dai trafficanti. Sopra il terreno di mio padre hanno costruito il loro rifugio. Pochi mesi dopo attraverso un’azione congiunta dell’esercito e dei cittadini venne liberato il paese. Rientrandovi hanno trovato diverse fosse comuni piene di cadaveri.

“Ci parleresti della tua famiglia?”
Ho cinque fratelli e due sorelle. Negli ultimi anni quasi tutta la mia famiglia si e’ spostata in California (USA) vicino a Solvay per cercare lavoro e migliori condizioni di vita. Adesso lavorano tutti nel settore della ristorazione.

“Come hanno fatto a raggiungere gli Stati Uniti?”

Tutto e’ iniziato quando mia zia, non volendo seguire la tradizione del territorio secondo cui le ragazze si dovevano obbligatoriamente sposare all’eta’ di 15 anni, era fuggita e poi entrata illegalmente negli Stati Uniti. Qui aveva scoperto un mondo e un modo di vivere totalmente diverso da quello messicano. Negli anni successivi si era sposata con un americano ottenendo cosi’ la cittadinanza Americana. Grazie a questo documento era tornata in Messico dove aveva aiutato mio padre (suo fratello) a fuggire dal paese. Lui, dopo aver pagato quattro mila dollari ai trafficanti (Polleros) e dopo aver superato una montagna al confine, era finalmente entrato, anche se illegalmente, in territorio americano.

Successivamente, lo stesso avvenne per tutti i miei sette fratelli che passarono il confine illegalmente.   Ad oggi solo due dei miei sette fratelli stanno risiedendo illegalmente in territorio americano. Loro, da un momento all’altro, rischiano di essere deportati e ricacciati in Messico. Per questo vivono la vita di tutti i giorni con molta ansia e preoccupazione.

“Com’e’ stato per loro adattarsi a una cultura e a una lingua tanto diversi da quella messicana? E’ molto forte il razzismo contro i Messicani negli Usa?”

All’inizio per loro e’ stato veramente difficile adattarsi a tutto questo convivendo allo stesso tempo con il rischio di essere scoperti e arrestati perche’ residenti illegalmente. Purtroppo, a partire dagli ultimi anni si stanno intensificando gli attacchi e gli episodi di razzismo nei confronti dei messicani.

“Come e’ stato vivere lontano da tuo padre per tutto questo tempo?”

Mio padre e’ entrato illegalmente negli Stati Uniti quando io avevo solamente sette anni. Da allora ho sofferto molto la mancanza di una figura paterna. Lui veniva a trovarci ogni due/tre anni e comunicavamo con lettere e messaggi.

“Cosa hai studiato e perche’?”
Nonostante, inizialmente, volessi studiare musica come aveva fatto mio padre, mia madre mi convinse a lasciar perdere. Iniziai a studiare infermieristica perche’ ho sempre provato compassione per i malati e per questo volevo aiutarli. Avevo anche un sogno, quello di viaggiare nei paesi piu’ poveri proprio per aiutare gli ammalati.

“Quando decisi di entrare nella congregazione? Quali furono le tue motivazioni?”
A partire dai 17 anni iniziai a maturare il desiderio di servire dio. Aspettai cinque anni, la fine dell’universita’, per entrare in convento. Nel frattempo studiavo e facevo dei lavori sociali.

Sicuramente mi ha spinto a prendere questa decisione il fatto che nel mio paese fosse tradizione che le ragazze si sposassero a 15 anni. Pensavo che sposandomi cosi’ presto la mia vita sarebbe stata rovinata e non avrei potuto vivere la vita che volevo. Una delle uniche alternative, seguendo anche il mio fervore religioso e la mia passione nell’aiutare le altre persone, era quella di entrare in una congregazione religiosa cosi’ da essere libera dai vincoli del matrimonio e delle tradizioni locali.

“La tua famiglia ti ha supportato nella tua decisione o si e’ opposta?”

La maggior parte della mia famiglia mi ha supportato nonostante, tutt’oggi, sperano ancora che io faccia marcia indietro e ponga fine alla vita religiosa. Mio padre mi ha sostenuto dal momento che, avendo visto che ero l’unica delle sue figlie che dopo aver superato i vent’anni non si era ancora sposata, temeva sarei rimasta sola tutta la vita.

L’unica che si oppose vivamente fu mia madre che ancora oggi, dopo piu’ di vent’anni, tarda ad accettare la mia decisione.

“Qual’e’ stato il momento piu’ difficile da quando sei entrata in congregazione?”

A partire dai primi anni, mi ero scontrata contro la realta’ della congregazione. Dal momento che ero la piu’ giovane subivo delle ingiustizie e venivo trattata male. La cosa che mi diede piu’ fastidio, oltre alla preferenza che le superiori avevano rispetto ad altre ragazze, era la stessa ingiustizia e incoerenza che erano pilastri fondanti della congregazione. Molte persone nella congregazione, che avevano scelto questa tipologia di vita fondata sulla poverta’ e sull’aiuto dei piu’ deboli, si erano rinchiuse in una vita fatta di pigrizia e di vizio dove la preoccupazione non era rivolta all’aiuto dei piu’ deboli ma alla loro bellezza. Per questo motivo per diversi mesi iniziai ad avere dei dubbi sul mio ruolo nella congregazione e sul fatto che questa non seguisse piu’ i miei ideali. Decisi, inizialmente, di lasciare la congregazione per poi fare marcia indietro.

“Cosa hai imparato durante tutti questi anni aiutando i piu’ bisognosi?”

Ho imparato a scoprire Dio nelle persone e a essere piu’ sicura di me stessa. Per quanto riguarda le altre persone: ho imparato che per aiutare i piu’ poveri, innanzitutto, bisogna conoscere la loro realta’ e la loro storia.

Dopo tutti questi anni passati nella congregazione e dopo aver visto l’ingiustizia e l’incoerenza di questa, ho finalmente capito come l’essere religioso non sia l’unica modo di unirsi a Dio e di aiutare i piu’ poveri.

“Qual’e’ stata la tua piu’ grande soddisfazione ?”
Sicuramente aver passato gli anni migliori della mia vita dando il meglio di me nelle missioni della congregazione.

“Qual’e’ il tuo desiderio per il futuro?”

Il mio desiderio sarebbe essere orgogliosa di quello che faccio e poterlo continuare a fare. Vorrei terminare i miei studi in psicologia  e dedicare così tutto il mio tempo  ad aiutare le persone che hanno bisogno.

Rispondi

Inserisci i tuoi dati qui sotto o clicca su un'icona per effettuare l'accesso:

Logo di WordPress.com

Stai commentando usando il tuo account WordPress.com. Chiudi sessione /  Modifica )

Foto Twitter

Stai commentando usando il tuo account Twitter. Chiudi sessione /  Modifica )

Foto di Facebook

Stai commentando usando il tuo account Facebook. Chiudi sessione /  Modifica )

Connessione a %s...