Il 18 dicembre con l’ultimo volo, Lisbona-Milano, il mio lungo viaggio era giunto al termine. Stanco e spaesato, sono sceso dalla scaletta dell’aereo e mi sono ritrovato in una fredda Milano, distante anni luce dal caldo torrido del 12 luglio, il giorno della mia partenza, quando avevo lasciato tutto e me ne ero andato.
Quel giorno con la mia valigia e il mio zaino mi ero recato a Malpensa e ammalato, provando un misto di sofferenza e curiosita’, ero partito. Stranamente non avevo avuto paura, non perche’ fossi stato coraggioso, diciamocelo, chi non avrebbe un po’ di paura a buttarsi nel vuoto in questo modo, ma ero talmente stanco e spossato per gli ultimi giorni passati a prepararmi e l’unica cosa che volevo era chiudere la porta e partire.
Avevo avuto la forza di scuotermi e svegliarmi da quella che io definisco la mia lunga paralisi, finalmente avevo deciso di uscire dal guscio, da solo e realmente libero.
Quasi dieci mesi prima un incontro fortuito sulle Alpi del trentino mi aveva fatto comprendere che tutto quello che avevo dato per assodato era iniziato a crollare. Avevo per la prima volta dato ascolto a quello che sentivo veramente.
Quando una persona come me, che nella sua vita non si e’ mai messa in gioco e non ha mai rischiato , decide di lanciarsi in un’esperienza del genere vuol dire o che e’ folle o che ha capito che e’ l’unica strada per riprendersi le redini della sua vita.
Questo e’ esattamente quello che era successo a me: Alessandro, uno studente di un liceo scientifico milanese, che inconsapevolmente dopo aver superato un test aveva gia’ il futuro deciso, almeno per i prossimi 3 anni: andare a studiare in Bocconi.
Ma non era stata una mia scelta e non ascoltandomi, come avevo fatto negli ultimi anni, la mia insoddisfazione sarebbe soltanto cresciuta.
Avrei magari avuto un lavoro in una multinazionale come le persone intorno a me tanto sognavano ma sarei rimasto eternamente insoddisfatto.
Era giunto il momento di fermarsi un attimo e decidere come e quando agire.
Non sono partito perche’ volevo girare il mondo o per riposarmi ma perche’ ne sentivo il bisogno. E’ veramente difficile da spiegare, ma sentivo che avevo la necessita’ di una decisione drastica per cambiare o almeno per cercare di farlo, e ho trovato nel viaggio l’opportunita’ per rinascere.
Solamente perdendomi nell’entroterra peruviano in un piccolo paesino, Pampacangallo, disperso nell’altopiano andino ho avuto il tempo di conoscermi e riflettere: capire cosa avevo sbagliato e come cambiare. Avevo bisogno di lasciare tutte quelle certezze che avevano caratterizzato la mia breve vita per perdermi, cercarmi e alla fine ritrovarmi.
Dopo cinque mesi passati a organizzare questo viaggio e a cercare di far comprendere questa scelta alla mia famiglia, che sebbene sembrasse senza rigore di logica, per me voleva dire molto, finalmente ero pronto a partire.
Con questa motivazione avevo lasciato l’Italia ed ero arrivato in Peru’: da solo, senza sapere una parola di spagnolo e ,soprattutto, non consapevole di quello che nei successivi mesi mi avrebbe aspettato.
(ESPERIENZA IN PERÙ) Questo e’ stato sicuramente il paese che mi ha dato di piu’ in termini di esperienze e riflessioni: mi sono fermato quattro mesi passati ad aiutare chi veramente ne aveva bisogno e a convivere con situazioni molto difficili, famiglie che non possono assicurare ai loro figli una corretta alimentazione e la possibilita’ di studiare.
Dopo questi mesi sentivo la necessita’ di cambiare, mettere in atto cio’ che avevo imparato e ancora una volta, lasciare tutto e partire.


Da quel momento in poi mi sono sentito estremamente leggero e libero. Finalmente ero padrone di me stesso e del mio tempo. Mi ero privato di tutti quei beni materiali che avevano influenzato, fino a quel momento, la mia vita ed ero partito con un piccolo zaino come bagaglio a mano. Questo zaino, sebbene possa sembrare qualcosa di poco conto, mi aveva obbligato a prendere con me soltanto quello che mi era veramente necessario, capendo in questo modo cosa fosse realmente indispensabile e cosa invece era inutile.
Una logica diversa a quella a cui ero abituato: accumulare e aggiungere.

Un’altra cosa che questi mesi di completo silenzio e allontanamento dal mondo mi aveva fatto capire e’ cosa sia veramente importante per me e che cosa, invece, come i vestiti o gli oggetti che avevo lasciato e regalato prima che partissi, non lo era.
In questo tempo, non riuscivo a capire come molta gente si fosse improvvisamente e inspiegabilmente dimenticata di me. Per un momento mi sono sentito solo ma almeno cosciente di chi veramente tenesse a me e chi invece mi aveva accompagnato per una parte del cammino e poi aveva cambiato strada.
(ESPERIENZA IN CILE) Sono poi arrivato in Cile, ad Antofagasta. Qui’ ho visto cosa fosse veramente l’adattamento e l’essenzialita’: mi sono trovato a vivere per dieci giorni in un parque di riciclaggio perso nel deserto, scollegato dal sistema idrico ed elettrico e senza connessione telefonica.
In quei giorni ero veramente libero e tranquillo, eravamo soltanto Io, il deserto e il vento. Ho compreso come si possa veramente vivere staccati da tutti quei vizi che nella nostra vita di tutti i giorni ci sembrano indispensabili, come una doccia calda e l’illuminazione di casa.
Sicuramente non e’ stato facile farsi la doccia con l’acqua fredda della cisterna quando fuori c’erano dieci gradi oppure cercare di arrivare nella mia casetta di legno in piena notte senza luce ma tutto questo mi ha fatto riflettere sullo stile di vita con cui ho sempre vissuto.


(ESPERIENZA IN ARGENTINA) Poi sono ripartito per l’Argentina, esattamente a La Plata (50Km da Buenos Aires) dove ho lavorato come receptionista in un ostello. E’ stata l’esperienza umanamente piu’ gratificante: ho conosciuto dei veri amici che si aiutavano a vicenda e condividevano il poco che avevano.
Il simbolo della condivisione era il mate, una tazza fatta di zucca e ripiena di yerba mate in cui veniva versata dell’acqua calda, che veniva condiviso con tutti, amici e sconosciuti.
Per la prima volta da molto tempo avevo incontrato delle vere persone e per un momento mi era passata per la testa l’idea di lasciare tutto e trasferirmi li’ per iniziare l’universita’ a febbraio. Pero’, Il mio percorso di ritrovamento non era ancora terminato e , per l’aggiunta, ritenevo fosse una scelta azzardata fermarsi li’ dopo gli ultimi capovolgimenti avvenuti nel paese dal punto di vista economico e politico. E’ stato emotivamente molto difficile lasciare questi ragazzi e sapere che forse non li avrei potuti piu’ rivedere, era una delle prime volte in cui mi sentivo cosi’ sinceramente vicino a delle persone che fino a poche settimane prima erano stati per me dei perfetti sconosciuti.


Una delle cose che piu’ mi ha fatto riflettere in questi mesi di viaggio era come non sentissi la mancanza di casa e delle persone che mi stavano vicino. Spostandomi da un paese all’altro senza un momento di pausa mi ero dimenticato per un momento della situazione complicata che pero’, tornato a casa, avrei dovuto affrontare.
Sebbene da queste parole il viaggio potrebbe essere mal interpretato, non ero partito per fuggire, perche’ se no sicuramente non avrei fatto piu’ ritorno in Italia, ma la volonta’ era quella di allontanarmi per un attimo per imparare finalmente a vivere con tranquillita’, rendermi conto di cosa fosse veramente importante per me e comprendere come da delle difficolta’ potessero nascere delle opportunita’.
(ESPERIENZA IN BRASILE) L’ultima tappa del viaggio e’ stata in Brasile.
Qui, ho dovuto fare i conti con una situazione sociale molto difficile, una poverta’ dilagante e con buona parte della popolazione che fa fatica a garantirsi i minimi standard di vita. Questa esperienza, vissuta da ospite in una famiglia delle periferia di Rio De Janeiro, mi ha ribadito per l’ennesima volta l’importanza della condivisione e dell’aiuto reciproco. Le persone, nonostante abbiano veramente poco con cui vivere, se possono sono sempre disposte a prestare aiuto. Non erano piu’ singoli individui divisi da sentimenti di invidia e odio ma solamente una grande famiglia accomunata dal senso di fraternita’.


Questi mesi hanno rappresentato per me un immenso spartiacque con la vita che prima vivevo. Mi sono immerso in nuove culture distanti anni luce dalla mia, condiviso il mio tempo con persone di eta’ ed etnie diverse e convissuto con situazioni e condizioni che mai avrei pensato di vivere.
Sono tornato a Milano con la consapevolezza di aver vissuto un’esperienza unica aldila’ dell’ immaginabile. Con il passare dei giorni questa scelta si era trasformata in un lungo cammino di progressiva crescita personale e di ritrovamento.
E’ impagabile dopo un’esperienza come questa, al limite tra realta’ e sogno , ritrovarsi e guardarsi allo specchio ed è essere finalmente soddisfatti di se stessi, per il percorso affrontato in questi mesi.
Un viaggio sicuramente difficile e complicato ma, tremendamente bello.
