Sono le due e venti del mattino quando, dopo essermi rigirato sul mio materassino gonfiabile, sbircio l’orologio. Manca poco alla ripartenza. Richiudo velocemente i miei occhi e allungo il mio sacco a pelo fino al volto cercando di assaporarmi le ultime ore di “sonno”.
Dopo qualche folata di vento, che muove il leggero tetto della tenda, e qualche rumore in sottofondo e’ giunto il momento di svegliarsi. Sono le 4:20 del mattino.
Tutto intorno a me tace. Penso: “Non sarebbe male riposarsi ancora un po’. Almeno un’altra mezzoretta”. La parte razionale della mia mente non vuole sentire scuse e, come monito, mi ricorda le previsioni per la giornata di oggi: perturbazione africana in arrivo, le temperature toccheranno i 38 gradi.
Questo e’ piu’ che un valido motivo per mettere a tacere la mia innata pigrizia. Inizio a ripiegare il materassino, il sacco a pelo e per ultimo spicchetto la tenda, la mia casa per le due settimane e mezzo di cammino. Dopo quaranta minuti tutto e’ stato riposto accuratamente nello zaino. E’ ora di iniziare.

Fisso per qualche minuto la cartina del percorso e cerco di studiarla velocemente: dislivello, punti di rifornimento e chilometraggio. E’ tutto a posto, si parte!
Le prime due ore passano che e’ un piacere grazie a un venticello che mi rinfresca il corpo. Riesco a farmi strada con la mia piccola torcia frontale tra stradine sterrate e vie cave etrusche scavate nel tufo parecchi secoli fa.
Non incontro nessuno, il paesaggio e’ ancora ricoperto da uno scuro velo di sonnolenza e calma. Sento il rumore in sottofondo di animali notturni spaventati dalla mia presenza e di alcuni ragazzi che, dopo una nottata passata a far festa, tornano a casa in auto.
Raggiunto il primo paese sul percorso mi fermo in un piccolo bar nella piazza antistante a una chiesa e ordino l’immancabile cappuccino e cornetto, la mia fedele colazione. Appena terminata l’ordinazione mi rendo conto di come gli occhi dei presenti siano rivolti verso il mio pesante zaino e il mio volto arrossato. Sono stupiti dal fatto che un ragazzo cosi’ giovane, appena ventenne, stia facendo un cammino del genere e per di piu’ da solo.
Mi cambio subito la maglietta e le calze. I piedi hanno bisogno di riposo e di prendere aria, non mi posso permettere di avere altre vesciche.
Provo una sensazione di felicita’ inappagabile, ho gia’ percorso piu’ di dieci chilometri e posso finalmente riposarmi. Mi fermo per qualche minuto e cerco di ascoltare e osservare la quotidianita’ che mi circonda: dei vecchietti scherzano tra di loro in dialetto e una signora che, in procinto di stendere dei panni dalla finestra del salotto, saluta una passante.

Dopo poco l’orologio mi ricorda che il tempo delle chiacchiere e’ finito, in marcia! Mi preparo e ricarico le mie borracce (quasi tre litri d’acqua), altri quindici chilometri senza fontanelle e con nessuna possibilita’ di rifornimento.
Devo farmi forza. Sta gia’ iniziando a fare molto caldo, sono le otto e il display della farmacia della piazza indica trentun gradi. Riparto.
Le ore passano sempre piu’ lentamente. I quasi quindi chili dello zaino iniziano piano piano a farsi sentire sempre piu’ vividamente sulle mie spalle ormai segnate dagli spallacci. Una gran sofferenza ma e’ questo il peso della liberta’.
Sono da solo in un lungo sentiero che costeggia alberi di ulivo e qualche vigneto. Trascorro del tempo a riflettere, sul mio ultimo anno e sul mio futuro.
Mi rendo contro che sono alle soglie di un’altra decisione importante, l’ennesima da quando sono partito piu’ di un anno fa, che sicuramente mi mettera’ alla prova. Anche a questo serve camminare: riportare a galla i propri pensieri e preoccupazioni, quelle che di solite vengono opportunamente schivate, cosi’ da poterle affrontare.
Ascolto qualche podcast e qualche canzone per distrarmi un attimo. Vedo all’orizzonte una fattoria e sento abbaiare qualche cane. Decido prontamente di rallentare il passo e spengo la musica in modo tale da non fare rumore.

Da quando sono partito ormai piu’ di 300 chilometri fa ho imparato una grande lezione, con i cani non si scherza soprattutto quando hanno dietro il gregge. Cerco di fare il minimo rumore possibile e indenne proseguo.
Questa volta sono stato fortunato!
Ho gia’ finito due litri di acqua, fa veramente troppo caldo. Me ne rimane uno, devo cercare di utilizzarlo con parsimonia.
Vedo in lontananza la meta, un piccolo paesino sulla cima di un colle. Dopo un brivido di contentezza mi rendo conto che mancano si’ pochi chilometri, quasi tre, ma anche altri duecento metri di dislivello.

Mi faccio coraggio pensando al pranzo che mi cucinero’ sul mio fornellino e al meritato riposo che mi sta aspettando all’arrivo.
Quando raggiungo il paese mi ricordo che per questa sera non ho ancora trovato un posto dove montare la mia tenda. All’ombra, seduto su una panchina, inizio a fare qualche telefonata. Sono tranquillo, la tenda nonostante sia parecchio pesante mi consente completa liberta’ da questo punto di vista. Non mi posso permettere di certo ne’ un hotel e ne’ un bed&breakfast, troppo cari e lontani dalla mia idea di viaggio.
Dopo qualche minuto risponde una signora sulla settantina, proprietaria di un agriturismo poco fuori dal paese, che decide di darmi ospitalita’ nel suo giardino.
Passata una ventina di minuti arrivo e, dopo aver scambiato quattro chiacchiere con la proprietaria, mi accingo a preparare il mio giaciglio per la notte. Sono stato fortunato, ho montato la tenda vicino alla sala mungitura di un allevamento di pecore con una vista bellissima sulle colline maremmane!

Dopo una breve doccia all’aperto e un veloce spuntino trascorre il pomeriggio a dormire e a leggere. Prendo la cartina delle prossima tappa e inizio a studiarmela un poco. Infine, dopo cena, concludo la mia giornata annotando sul mio fedele compagno di viaggio (il mio diario) le esperienze e le emozioni vissute.
Questo e’ stato il racconto di una delle diciassette giornate lungo l’Italia coast to coast, un cammino di 400 km dal mar Adriatico (Portonovo) fino al Tirreno (Orbetello). Quest’estate, dopo aver completato la Via degli Dei e la Via Francigena (da Lucca a Roma) volevo mettermi alla prova un’altra volta.

Un mese e mezzo prima avevo deciso di intraprendere per la prima volta un trekking, da solo e in tenda. Non avevo mai fatto una cosa del genere e mi ero detto: perche’ non farla?! Sono rimasto piacevolmente stupito da questo modo di viaggiare, piu’ lento e tranquillo, che consente di entrare a contatto con la natura dei luoghi che si incontrano e ad avvalorare le piccole cose.
Viaggiando in questo modo, a piedi e con uno zaino con dentro il minimo indispensabile, mi sono estraniato dalla forte e prorompente quotidianità della mia citta’, Milano. Questi giorni non sono stati facili anzi molte volte sono stato sul punto di fermarmi definitivamente ma, in corrispondenza di questi momenti, una vocina dentro di me mi spronava ad andare avanti.
Un cammino che, benche’ faticoso e svolto in uno dei mesi piu’ caldi dell’anno, mi ha fatto vivere tante emozioni!
Ti seguo dall’ inizio del tuo anno sabbatico e veder crescere la tua indipendenza, la tua esperienza, la tua serenità mi convince ancor di più che questo anno è stato ben speso, un bell investimento! Condivido sempre con piacere le tue emozioni. Lentezza, solitudine, fatica come aprono il pensiero!
Buon cammino.
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Grazie Roberto!
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Questo é il tuo più bel diario. Emergono meglio sensazioni e osservazioni. Ora sono contento che tu sia tornato in città. I viaggi non dipendono dai luoghi. Grazie per il racconto.
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