“Alessandro ma non avevi finito di viaggiare?!”
Non ancora. Questa volta la storia e’ diversa e ancora piu’ bizzarra. Pero’, procediamo con ordine. La settimana precedente, come raccontato dal penultimo articolo, ero partito da Aosta per raggiungere, dopo una settimana e 250km a piedi, casa mia a Milano.
Un’esperienza veramente tosta che pero’, ancora una volta, mi aveva riempito di incontri ed emozioni. Lungo il cammino, che seguiva il percorso della Via Francigena, avevo incontrato diversi pellegrini che, a piedi o in bicicletta, si erano ripromessi di raggiungere Roma. Tra questi c’erano una coppia di signori, marito e moglie, provenienti dalla provincia di Monza (Fiorella e Sergio) e un ragazzo veneto (Simone). Da subito, nonostante il poco tempo passato insieme, si era creata una grande amicizia. Purtroppo con nostro gran dispiacere arrivati a Pavia le nostre strade si erano divise, loro avevano proseguito verso Roma mentre io avevo risalito il naviglio pavese fino a Milano.
Dopo qualche giorno passato a casa fremevo dalla voglia di ripartire, avevo qualche giorno ancora prima dell’inizio dell’universita’ per fare qualcosa. Rimanere a casa non era contemplato tra le alternative, non mi rimaneva altro che decidere.
Questa volta pero’, dopo i quasi 1200km percorsi a piedi nei tre mesi precedenti, volevo fare qualcosa diverso.
Dopo averci riflettuto un attimo avevo pensato: “Perche’ non fare un giro in bicicletta?!”
Nonostante non avessi mai fatto un vero e proprio viaggio in bici e, soprattutto, non avessi una biciletta adatta, dovevo provarci. Ero convinto che, in un modo o nell’altro, avrei trovato una soluzione ai miei problemi.
La fase successiva era stata scegliere la meta del viaggio. Sfogliando le vecchie pagine di un atlante mi era venuta in mente una strana e pazza idea: raggiungere in bici i pellegrini che avevo incontrato qualche giorno prima sul cammino.
Da quel momento mi ero messo a raccogliere delle importanti informazioni per realizzare il viaggio: le loro destinazioni nei giorni successivi, il percorso da seguire in bicicletta e l’ostello in cui avrebbe alloggiato, ovviamente senza chiederglielo per non dare nell’occhio.
Erano all’inizio degli appennini emiliani, a pochi chilometri da Fidenza. Questo voleva dire che mi dovevo sbrigare, non avevo la preparazione adatta per andare in bici in piano e figuriamoci in salita.
Avevo due giorni per trovare il percorso adatto e, soprattutto, trovare una bicicletta adatta.
Il giorno successivo avevo intavolato una trattativa con Nicola, un mio amico esperto di ciclismo, per cercare di convincerlo a prestarmi la sua bici per tre giorni. Solo tre giorni. Niente da fare, la sua bici non si tocca.
Si era pero’ offerto di aiutarmi a trovarne una. Lo stesso giorno avevo visitato meta’ delle bicicletterie di Milano e, quando ormai la speranza sembrava svanire, avevamo trovato la bicicletta adatta, nonche’ l’unica che non era stata venduta.

La bici montata mi era stata recapitata la sera prima della partenza. Non solo non l’avevo mai usata prima ma il giorno successivo avrei dovuto percorrere quasi 150km. Non c’era abbastanza tempo per lamentarsi e nemmeno preoccuparsi, tanto valeva partire e, come si dice a Milano, ranges.
La mattina del giorno dopo, alle sei di mattina ero gia’ a bordo della bicicletta intento ad attraverso una assonnata e oscura Milano. Uscito dalla citta’ avevo percorso il naviglio pavese per arrivare, dopo un’ora e mezza, a Pavia. Da quel momento avevo attraversato piccole stradine di campagna fino a al Po e a Piacenza.
Nel mentre avevo scritto ai miei amici, i pellegrini, chiedendogli come stesse andando il cammino e consigliandoli un posto in cui dormire nella loro tappa successiva. Per non attirare troppe attenzioni avevo raccontato loro che un mio amico c’era passato un anno prima e si era trovato molto bene in quel posto.


Raggiunta Piacenza ero ufficialmente entrato in Emilia Romagna. Dopo aver percorso poco meno di 150 km, per preservare le forze per i giorni successivi, avevo optato per il treno. Da Fidenza nel giro di una ventina di minuto avevo raggiunto Fornovo Taro. Sceso dal treno ero stato sommerso dai dubbi: Saranno arrivati? Avranno seguito il mio consiglio per l’Ostello?
Dita incrociate.
Nel giro di qualche minuto avevo raggiunto l’ostello. Poco prima avevo trovato Simone, intento a bersi l’ennesima birra della giornata, che dopo qualche secondo di titubanza mi aveva riconosciuto. Entrato nella reception dell’ostello, tenendo il casco e la mascherina per rendermi irriconoscibile, mi ero ritrovato davanti Fiorella e Sergio. Non sembrando che si fossero accorti della mia presenza avevo cercato di incalzarli con alcune domande dirette finche’, prima che finissi di parlare, i loro volti si erano illuminati e voltati velocemente. Non credevano ai loro occhi: non solo li avevo raggiunti ma persino in bicicletta e organizzando tutto alla perfezione.
Dopo aver passato la sera in un’osteria del paese a parlare, il mattino seguente le nostre strade si erano divise. Solamente un arrivederci.

Il giorno dopo avevo organizzato il programma per le due giornate successive. Il primo avrei raggiunto Bologna e il secondo Forli’. Perche’ proprio queste due citta’?
Nel giro di qualche giorno avrei ricevuto l’esito del test d’ingresso per due corsi universitari in queste due citta’. Avevo percio’ colto l’occasione per visitarle entrambe.
Il secondo giorno da Parma, dopo 120km avevo raggiunto Bologna. Un percorso davvero tosto. Dalla lunga e monotona pianura del giorno prima mi ero ritrovato ad attraversare tanti piccoli colli. Dopo sette ore in sella e qualche ventina di salite avevo raggiunto il centro di Bologna.

Dopo una notte passata in ostello avevo proseguito per l’ultima tappa, Forli’. Questa volta avevo davanti soltanto pochi chilometri, una ottantina. Come in ogni viaggio l’ultima tappa, forse anche perche’ segna la fine di un percorso, e’ la piu’ emozionante. Si cerca di gustarsi gli ultimi chilometri rallentando quasi per evitare la prossima e inevitabile fine.

Arrivato a Forli’, visitato il piccolo centro, avevo raggiunto il centro per tornare a Milano in treno.
Non c’e’ felicita’ piu’ grande che rivedere degli amici con cui si ha condiviso una parte del cammino, che siano pochi giorni oppure anni. Questa breve esperienza mi ha insegnato la bellezza dell’avventura che alla fine non e’ altro che fare sempre qualcosa di diverso. Qualcosa che non si farebbe mai perche’ apparentemente folle e illogico ma che, senza pretese e aspettative, regala veramente tanto.
Percio’, lasciate la vostra quotidianita’ e partite! Che sia per un giorno o per un mese, a piedi o con qualunque mezzo vogliate, nella vostra citta’ o in un’altra nazione ma fatelo.
Dale!
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